I racconti di caccia degli appassionati
Da generazioni i De Checchi vanno a caccia ed io intendo portare avanti questa tradizione. A 6 anni avevo cominciato ad andare a caccia con mio papà per imparare presto le regole base della caccia vagante.
Dopo 2 anni mio papa abbandonò la caccia vagante per seguire la tradizione della caccia a capanno e ovviamente c’ero anch’io con lui. Aveva una batteria di fringuelli, di peppole ed anche qualche tordo. Ci svegliammo alla mattina presto per prepararci alla battuta. Preparammo il carretto per riporci le armi negli appositi foderi,le sedie,i richiami egli zaini con le cartucce e cartucciere. Partimmo e non poco distante da casa c’era il capanno. Arrivati sul luogo della battuta riponemmo tutto al loro posto e sfoderammo la armi.
La cacciagione ebbe inizio ed i primi raggi di luce spuntarono oltre la lieve oscurità del cielo. Prendemmo in mano le armi ed i richiami cominciarono a cantare. Subito arrivarono tanti fringuelli che si posarono sull’ acacia. Prememmo i grilletti e gli abbattemmo*, dopo pochi secondi caddero a terra come grandine . Arrivò anche un tordo che si posò su un platano.”pupà varda che l’è in meso al platano”*. Mio papà lo vide e sparò. Lo andammo a prendere e dopo un’ ora andammo a casa felici dei nostri bellissimi capi abbattuti.”nona a te ghemo portàcasa calcosa da peare”*. Andammo in garage a pulire i nostri fucili sporchi e li riponemmo nella fuciliera e chiudemmo a chiave.
La nostra mattinata fini’ e andammo a mangiare.
(*)1 quando ancora si poteva(*)2dialeto veneto
Matteo De Cecchi